Continuano gli appuntamenti con la stagione di prosa dei Cantieri Teatrali Koreja, Strade Maestre, che dopo il toccante Pinocchio di qualche anno fa, ha ospitato nuovamente la Compagnia Babilonia Teatri in scena ieri sera con "Purgatorio". Una riflessione sul teatro necessario, su ciò di cui abbiamo bisogno per innescare un processo di rivelazione interiore nonché una crisi proficua dello spettatore che è in noi e che va sollecitato con una forma di non spettacolo più prossima ad indagare la "condizione sospesa dell’esistenza quotidiana; quello stato mentale a metà strada fra l’appagamento e la dannazione. Uno spazio dell’anima in cui si può sorridere della propria realtà, si può fare ironia su come la vedono gli altri, si può persino immaginare di essere diversi, più belli, più aitanti."
Ed ecco che sul ring dei nostri segreti più profondi e dei nostri desideri, a teatro e fuori dal teatro, osserviamo oscillare un sacco da box, un cortocircuito ed un'intermittenza che ci mette in discussione in quanto esseri umani e dunque precari per natura. "Ogni attimo il tempo di oscillazione diventa sempre più breve fino alla stasi. Alla pace. Con Purgatorio ci chiediamo se è dopo la fine che si comincia a purgare, come ci racconta Dante, o se invece, al contrario, con la fine si mette fine al nostro purgare. Le lumache vanno fatte spurgare da vive. Le vongole da morte. Noi da che parte stiamo. Al termine del processo di espiazione saremo uomini e donne migliori? Cosa stiamo cucinando? Per chi? Quali sono gli altri ingredienti? Chi giudicherà il risultato? Uno chef stellato?
Purgatorio svuota l’idea di peccato come il catechismo la insegna e la seppellisce con una risata liberatoria e iconoclasta. Purgatorio confessa l’inconfessabile e ci racconta le nostre debolezze e fragilità. Le nostre brutture e la nostra sporcizia."
Una dichiarazione d'intenti mantenuta sino all'ultima battuta. Attraverso un ventaglio di carne, di corpi differenti, di variazioni sul tema dell'umano nella sua ramificazione dantesca. Una comicità che sconfina nella malinconia finisce col sovrabbondare sul palco sgombro di scenografia e piuttosto carico di vita grazie agli attori "diversamente belli" insieme ai quali Enrico Castellani è stato capace di costruire un mondo altro, un mondo che procede incontro alle intuizioni già ravvisate nei precedenti spettacoli:
"Purgatorio ci spoglia per consegnarci mezzi busti nudi dietro a un tavolo da conferenze. Ci seppellisce e ci rianima. Ci chiude gli occhi con cambre di ferro come tocca agli invidiosi. Per non vedere e per non essere visti. Ci fa chinare la testa per rialzarla sempre ogni volta. Carichi di orgoglio e di dignità. Purgatorio non mette in scena Dante ma ne sposa l’epica. Ci ricorda l’unicità di ogni vita e la sua grandezza. Di ogni vita che abita il palco mostra l’essenza per godere della sua necessaria irripetibilità. Un’umanità che soffre e che ride. Che gioca con Dante e con la sua Commedia in un continuo scivolare dalla verità alla finzione senza mai svelare fino in fondo se quello a cui stiamo assistendo è stato deciso o sfugge a qualsiasi controllo. Senza mettere un limite netto tra noi e Dante, ma immaginando che veleggiare dal quotidiano alla commedia e viceversa sia una possibilità reale e tangibile."