"E' difficile dire con parole di figlio ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio." è l'incipit di "Supplica a mia madre", una preghiera di fuoco che Pasolini dedicò all'eterna madre-musa Susanna, parole che è ancor più difficile rovesciare immaginando il punto di vista di una donna che non aveva scelto di partorire un Cristo comunista più volte processato per le sue opere eversive. Nel 1950, quando madre e figlio si trasferirono a Roma, lei iniziò a fare la domestica mentre lui provava a farsi conoscere chiedendo aiuto, tra gli altri, anche al poeta Giorgio Caproni, e pian piano la sua ombra avrebbe oscurato quasiasi altra firma in Italia. Firma in calce a parole disobbedienti, sinonimi del No, eppure pur sempre figlie della primissima forma di linguaggio che lo stesso PPP, pur essendo un gigante, dovette sperimentare: la parola "Ma". Madre, mamma, madonna.
Il perfetto teatro coglie talvolta questo momento della bilancia sospesa, del filo di luce che cresce sino a farsi rombo ed illumina una scena scarna fatta di pochissimi elementi ed una sola attrice sul palco a spingere oltre il limite un monologo interrotto soltanto dalla voce fuori campo dello stesso Pasolini ed il suo coltello affilatissimo. Questo riesce a fare, a dare come un rovescio nello stomanco dello spettatore, lo spettacolo "Ma" della Compagnia stabilemobile di Antonio Latella, con una straordinaria Candida Nieri, ieri sera ospite della stagione di prosa "Strade Maestre 2017" ai Cantieri Teatrali Koreja.
Un paio di grandi scarpe stanno di fronte ad una grata piena di lampade domestiche, un altare di ogni giorno, talvolta una prigione ed un tabernacolo di piccoli oggetti in disuso, ormai inservibili eppure carichi di senso della vita stessa, alla stregua di un altro paio di scarpe, minuscole poiché della taglia di un bambino. Il bambino Pasolini, il figlio ammazzato visto e raccontato da sua madre.
E' ragionevole che una tale meditazione intorno alla sillaba primaria della parola Mamma si concluda qualche volta con la levitazione, ed è pur vero che pur essendo crudo poiché scavato nelle viscere questo lavoro di Latella estrae dal pozzo Madre-Scrittura quella luce terribile che a un certo punto investe l'attrice Candida Nieri in un crescendo indimenticabile come la vetta di un lutto senza fine.
Linda Dalisi, che firma la drammaturgia di questo piccolo capolovoro, spiega: "In tutte le sue vittorie e sconfitte accanto all'uomo Pier Paolo Pasolini, c'è sempre la madre. Nel suo cinema la madre diventa uno dei perni attorno a cui ruota tutto. Sguardi e sorrisi spezzati delle madri scelte come icone assolute di un'Italia che sa che tutto sarà irrecuperabile. Quegli sguardi potenti e violentati da un dolore ancestrale. Tutta la sua letteratura e il suo teatro sono pervasi dalla presenza di quella madre che lo ha accompagnato nella fuga dalla banalità coatta del vivere quotidiano. Sarà proprio la madre del poeta la Maria straziata dal dolore sotto la croce di Gesù, nel film Il Vangelo secondo Matteo. Ma ogni volta la Ma diventa altro. Per una madre che piange il figlio, un Gesù dei poveri, un operaio, un pittore, un poeta, un re Edipo, per una città che accoglie i reietti, per un paese che scaccia gli intellettuali, per una nazione troppo cattolica per non essere ipocritamente di destra fino in fondo, tutto è madre e si fa madre."
Durante lo spettacolo, i passi che magnetizzano sono molti, lo è il modo stesso in cui per tutto il tempo l'attrice Candida Nieri - lei stessa da poco madre (ndr) - prova a mettersi nelle scarpe di Susanna e PPP al contempo e poi a scandire i momenti peggiori che sono diventati la corona di un intellettuale che trova respiro in queste parole di Dante: "Ritenendo quel solo degno laddove tutta l'arte è impiegata".
Del resto, scomodando Louis Massignon, guardando Candida Nieri urlare contro una cascata di luce amplificata a un tratto un scena, viene da sapere e addirittura capire, ma veramente, che "Non si può mantenere il Memoriale dell'Incontro se non entrando nella notte del simbolo". Soprattutto se in quell'Incontro tra madre e figlio, tra Maria e Cristo, tra Susanna e Pier Paolo, tra la ragion d'essere del teatro e la vita stessa, è già in nuce, accanto alla parola Ma la parola addio.