#StradeMaestre: ai Koreja "La banalità del male" con Paola Bigatto

"L'essere umano non nasce per morire, nasce per cominciare", si potrebbe riassumere con queste parole, potenti, vive, la forza dello spettacolo "La banalità del male", tratto dall'omonimo saggio di Hannah Arendt che fece scalpore nel 1963. Eichmann in Jerusalem, questo il titolo originale dell'opera, è la raccolta degli articoli scritti che la filosofa firmò per il “The New Yorker” sul processo al tenente colonnello delle SS Adolf Eichmann, tenutosi a Gerusalemme nel 1961.

A questo burocrate qualunque, all'uomo senza idee Eichmann, è dedicata la lezione che trascina lo spettatore dentro la Storia, macinando date, nomi di luoghi, codici di guerra, linguaggi cifrati e aneddoti, con una straordinaria precisione interpretativa nata dallo studio di quelle pagine appassionate che costarono alla Arendt lo sdegno dei suoi colleghi spiazzati dalla rivoluzionaria presa di coscienza di una pensatrice capace di sondare l'insondabile concetto di banalità del male, scandagliando nei recessi più oscuri del cuore umano e delle estreme conseguenze della cieca obbedienza.

In scena, una cattedra, una lavagna, una cartina geografica. La Bigatto entra in platea interrogando il pubblico, come farebbe un'insegnante al cospetto della sua classe, richiamando da subito l'attenzione e portandola al centro esatto di una storia più grande di ogni possibile analisi e dialettica, una storia che gli stessi protagonisti faticarono a credere reale, che gli stessi sopravvissuti ammisero a se stessi con sforzi titanici e inconsolabili traumi.

Alla fine dello spettacolo, durante il consueto incontro ed approfondimento nel foyer, la Bigatto ha spiegato al pubblico la sua ricerca dentro ed intorno al testo della Arendt, la sua drammaturgia in parte figlia della radicale contrarietà alla pena di morte persino dinanzi a mostruosità così incommensurabili.

Il mistero di una capacità di azione attraverso le parole, l'esercizio del proprio spazio di libertà, nella Bigatto che interpreta la lezione della Arendt allieva di Heidegger e Jaspers, resta sospeso a vertiginose altezze. O forse, parafrasando il monologo, sarebbe più corretto dire, sta da presso al bene radicale. Un bene che individua nella menzogna eletta a sistema di vita sociale e politica, strategia esistenziale, la causa dell'orrore.

"Una riflessione sul presente: il male estremo rappresentato dal Nazismo non resta relegato nei responsabili dei massacri e dell’organizzazione, ma appare come una realtà sempre esistente, in agguato nella pigrizia mentale, nell’inattività sociale e politica, nel delegare le scelte di vita ad altri, nell’usare la mediocrità come alibi morale. In una parola, nella rinuncia a quell’attività che, “da Platone in poi, siamo soliti chiamare pensiero”.

“Per trasformare il saggio in un monologo – racconta Paola Bigatto - ho immaginato che la Arendt improvvisi una lezione, strutturata seguendo i tre grandi aspetti del testo: la cornice è la vicenda processuale, lo sguardo critico sul processo di Gerusalemme; la struttura portante è costituita dagli avvenimenti storici, centrali per seguire la vicenda di Eichmann e gli avvenimenti bellici e politici; all’interno di questo percorso sono presenti le considerazioni filosofiche dell’autrice, non solo comunicate come riflessioni, ma spesso sviluppate in presa diretta, come se nascessero nell’atto di parlare agli allievi.

Aspetto teatralmente imprescindibile, in quanto è in questa costruzione progressiva che l’allievo-spettatore si sente attivo e partecipe di un processo di pensiero. Ho scelto di concludere la lezione-spettacolo con una storia per me particolarmente significativa, riportata dall’autrice in maniera rapida ma incisiva: è la storia di Anton Schmidt, un semplice caporale dell’esercito tedesco, che sfugge al meccanismo del male banale e, trasgredendo agli ordini criminali, presta aiuto agli ebrei: il suo esempio e il suo sacrificio ci mostrano come la riflessione e la formazione di una coscienza etica amplifichino la percezione della nostra libertà e aprano all’uomo la possibilità di attuare il bene”.

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