Donne e lavoro. Secondo il rapporto di Confartigianato il Salento è al 90° posto in Italia

Donne e lavoro. Secondo il rapporto di Confartigianato il Salento è al 90° posto

Cresce l'imprenditoria femminile in provincia di Lecce ed aumentano le donne con cariche nelle imprese artigiane. A rilevarlo è l'Osservatorio economico di Confartigianato Imprese Lecce in base al rapporto «Donne che resistono» appena pubblicato dall’Ufficio studi che ha elaborato i dati Istat.

In particolare, nel Salento, le occupate sono 87.700, pari al 31,7 per cento del totale. Quelle in cerca di lavoro 23.400, pari all'8,6 per cento. Le inattive 164mila, pari al 59,7 per cento.

Di più: le donne con cariche nelle imprese artigiane sono 3.554, di cui 2.400 risultano titolari di ditte individuali. Tuttavia persistono ancora grosse difficoltà nell'ascesa professionale. Gli strumenti di welfare non favoriscono, infatti, la conciliazione tra la vita familiare e le attività lavorative delle donne.

Così, nell'«Indice 2011» di «Confartigianato donne, imprese e lavoro», la provincia di Lecce si colloca al 90° posto in Italia. La classifica fornisce una misura sintetica della capacità di ciascuna provincia italiana di mettere a disposizione delle donne le migliori condizioni per fare impresa ed operare attivamente sul mercato del lavoro.

L'analisi di Confartigianato si basa sull'esame di quaranta indicatori per provincia, raggruppati in cinque ambiti: imprenditorialità femminile, mercato del lavoro femminile, istruzione e capitale umano, servizi di welfare e tempi di arrivo al lavoro e accessibilità ad alcuni servizi pubblici.

Il Salento, nel complesso, rispetto ad altre realtà italiane è un «ambiente» dov'è più complesso e più difficile per le donne esercitare l'attività imprenditoriale e, in generale, rapportarsi al mercato del lavoro. Lecce si piazza al 69° posto nel campo dell'istruzione e capitale umano; al 75° nei tempi di arrivo al lavoro; al 94° nel quadro del mercato del lavoro; al 101° nei servizi e welfare, al 103° nell'imprenditoria femminile.

Sempre nelle fasce basse della classifica. Ma si intravedono orizzonti meno foschi nel medio-lungo periodo, considerato che la tendenza nel Salento è positiva grazie all'aumento dell'imprenditoria femminile e alla conquista di nuove cariche nelle imprese artigiane.

La provincia di Lecce, come detto, ha un tasso di occupazione femminile al 31,7. Una percentuale migliore rispetto a Bari (31,3), Taranto (28,4), Brindisi (27,6) e Foggia (24,6). Il tasso medio in Puglia è del 29,5 per cento. Ci sono 409mila occupate e 80mila in cerca di lavoro. Le inattive, però, sono ben 892mila: più del doppio delle occupate. Un dato, di per sé, sconfortante perché significa che molte donne non cercano nemmeno più un posto di lavoro.

«Analizzando bene questi dati non dobbiamo sorprenderci - dice Regina Lucia Gorgoni, presidente del Movimento “Donne Impresa” di Confartigianato Imprese Lecce - Abbiamo trascorso un'estate e un inizio di autunno molto caldi sul fronte dell'economia. Sono evidenti i segnali di rallentamento della ripresa avviata nel secondo trimestre del 2009».

Secondo le ultime previsioni, il Prodotto interno lordo in Italia salirà dello 0,8 per cento, quasi un punto in meno rispetto alla media dell'Euro-zona (1,7 per cento).

In questo contesto, però, «l'imprenditoria femminile cresce in provincia di Lecce» - sottolinea la Gorgoni. «Sicuramente ci sono ancora grosse “resistenze” nell'ascesa professionale di una donna, perché non ci sono efficaci strumenti di welfare che possano favorire la conciliazione tra famiglia e lavoro.

Tant'è che nell'“Indice 2011”, il Salento si colloca al 90° posto in Italia, perché non offre buone opportunità per lavorare da dipendente o mettersi in proprio - commenta la presidente - Tuttavia da questi dati si evince che c'è sempre più voglia di fare impresa “in rosa”, considerato che ci sono ben 2.400 ditte individuali intestate al gentil sesso e altre 1.154 donne ricoprono cariche nelle imprese salentine.

Dobbiamo partire da questi dati - conclude - per avviare una nuova imprenditoria femminile e metterci nelle condizioni più favorevoli per coniugare il lavoro e la famiglia».

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