E’ sempre il giorno giusto per rendere omaggio alle donne. Per questo, anche l’otto Marzo lo è. Solo che a volte la vita scalpita, ventiquattro ore diventano troppo poche per concedersi il lusso di riflettere. E allora quell’agio, quella pausa, quel momento per far venir fuori un sorriso, vogliamo che sia adesso, in una domenica che corrisponde a quella che viene definita Giornata Internazionale della Donna, più comunemente chiamata “Festa delle Donne”.
Per farlo, non c’è bisogno di tirar fuori inutili frasi che ragionano sull’opportunità o meno di festeggiare questa data per molte simbolo di lotta per altre simbolo di festini con spogliarellisti. Vogliamo raccontarvi una storia, vogliamo partire dai #voltidelsalento a cui tanto teniamo e parlarvi di Lei che in un giorno qualunque è riuscita a strappare via tante convinzioni e a ricordare sempre quanta bellezza c’è dietro a una chioma folta e lunga, ad un sorriso di mamma, alle mani rugose di una donna che oggi è nonna, alle gambe sempre in corsa di chi lavora troppo ad una bambina che ancora non sa chi sarà. E qualora vi piacesse leggere le storie delle donne, ve ne regaleremo ancora.
“Questa mattina sono stata in banca a pagare caro il prezzo di essere nata nell'epoca del precariato. Questioni legate al passato che ancora si trascinano nel presente.
Mi arrabbiavo in silenzio e in più lingue per i soldi che di lì a poco avrei "sversato" nelle tasche di non so chi. E odiavo l'istituzione banca con tutta me stessa e soprattutto contro i suoi figli addetti agli sportelli che preferirei vedere col binocolo sempre, figuriamoci alle otto e mezzo di mattina. Nonostante non abbiano nessuna colpa. Isterismo al femminile.
Poi, l'illuminazione: allo sportello ad accogliermi ho trovato una ragazza bellissima. Di quelle belle che piacciono alle donne. Di quelle con le unghie belle senza smalto sulle unghie. Di quelle dai capelli con lo shatush che non è volgare. Anzi, quei capelli lisci e castani con i colpi di sole la rendevano la perfetta nuora di ogni suocera. Insomma, la ragazza da sposare perché gentile, semplice e vagamente buffa.
Tutto quello che non ho mai trovato dietro ad uno sportello in banca. Non aveva l'anellaccio da dito medio. Le mani abbronzate comunicavano più di qualsiasi anello. E non aveva il filo di perle, ma una catena finissima che tratteneva un piccolo brillantino. Sulla tastiera non battevano unghie finte e ticchettanti, ma polpastrelli da prima della classe, quella che a scrivere i calcoli è sempre stata brava. E a risolverli.
L'ho studiata bene, perché sono stata un pò con lei. E mi ci è voluto poco a capire che era alle prime armi. Chiedeva conferme all'altro addetto, ma sapeva tutto. Ogni tanto le sfuggivano di mano fogli e penne, aveva un modo di fare impacciato e bello. Tipico dei primi tempi. Il sorriso non è scomparso mai, nemmeno quando si leggeva sul suo volto l'insicurezza delle operazioni che stava per compiere, e che ripeto, ha fatto per bene. In tre minuti, facciamo dieci, ha cancellato anni di donnine spocchiose, che hanno caldo pure con l'aria condizionata e che non ci vanno al lavoro se la canotta interna non è perfettamente in linea con gli orecchini di onice nero. E che ti lavorano di fronte sbuffando. Vogliono le ferie.
Lei è stata illuminante perché mi ha fatto vedere che quando il lavoro lo ottiene chi lo ha desiderato tutto fila liscio. Non è noioso. Non è antichizzato da anni di esperienza che invece di migliorare il lavoro stesso, ne peggiorano la qualità. E ho fantastico su una laurea in economia, su un 110 e lode meritato e su una ricerca di lavoro che ha portato buoni frutti.
E ho pagato. Quello dovevo fare. E sono andata via sorridendo a lei e a me stessa.
È più bello se ci credi, che poi i frutti arrivano. Grazie Alessia”.
Foto: PhotoGlobeTrotter