Perché la gente fa la fila per iPhone 5

In fila a Lecce per iPhone 5

Cosa c’è dietro la corsa irrefrenabile verso il nuovo iPhone 5, una corsa che inevitabilmente si ferma alle lunghe code di attesa, per possedere il gioiello della casa di Cupertino? Cosa regge la pazienza dei potenziali acquirenti a resistere dalla notte alle intemperie, alle nuvole di Trieste come al sole di Lecce, pur di ottenere questo prodotto di ultima generazione? Quali e quante privazioni, maggiori delle tante già attive in questo tempo di crisi, dovrà affrontare chi si appresta a trionfare all’arrivo dell’acquisto di così tanta bellezza tecnologica? Cosa nasconde il sacrificio del tempo e del denaro a questo simulacro della nostra epoca?

Sono alcune delle domande che i più si fanno e sulle quali scorrono fiumi di considerazioni e interpretazioni, alla vista delle tante persone che, in tutta Italia (e non fa difetto il nostro capoluogo salentino) sono in coda, in attesa del loro turno, per l’oggetto Apple del momento.

Non ci siamo meravigliati delle proteste della piazza spagnola, né delle contestazioni in Grecia di questi giorni. Ci fa specie come la folla italiana di oggi si spinga fino all’inverosimile per acquistare il pezzo più avanzato dell’inutile ai più (tanto si sa e non solo si racconta, quanto poco viene utilizzato nel suo insieme di capacità all’ennesima potenza, questo telefonino supermegagalattico). Si inizia dagli oltre 700 euro del modello base (“solo” 16 GB) fino ai quasi 1000 (per averne 64 di GB!). Per fare che cosa?

Eppure, chi sfida tutto e tutti è lì, in attesa di accedere all’olimpo dell’apparenza.

In queste ore e in questi luoghi, si consuma il rito del bisogno indotto, del non necessario esponenziale.

Il termine “bisogno” conosciuto semplicemente, ci aiuta a comprendere cosa ci può essere sotto questo fatto di cronaca sociale. Bisogno è ciò che ci manca e di cui non si può fare a meno e, certamente, non è l’oggetto in sé che muove tante forze, ma ciò che rappresenta in ragione di vuoti interiori, emotivi, psicologici e sociali, da colmare. Nemmeno la crisi, questa grande crisi, riesce a fermare il riempimento di questo vuoto assurdo che, come una droga, appare pronta a sballarti per un momento come per un giorno, per poi ritornare alla solita quotidianità... Perché il nullatenente, per un momento e per i tempi che sarà con i suoi amici, sarà quello che avrà l’iphone, l’ultimo, quello che gli manca solo il caffè e poi fa tutto, “davvero! Sai?”. E che bisogno sarà mai quello di essere considerato, magari tra i primi, quello che ha ottenuto uno degli oscuri desideri di questo tempo, mentre manca il lavoro e “non c’è euro che circola”?

Raccontiamo di persone che vogliono almeno apparire. Per molti aspetti così non vivono, sopravvivono. Non sono soltanto esclusi, marginalizzati perché poveri e senza risorse economiche, ma sono lontani dalla propria capacità di comprendersi come persone ricche, che possono altro anche senza il denaro in eccesso. Non sanno che possono costruire relazioni senza la necessità di oggetti più o meno costosi; non sanno che possono avvalersi delle aspirazioni più profonde per contestare una società che ci ha formati nel dire che vali se hai e che ti spreme economicamente per svuotarti esistenzialmente. Non sanno che altro e altri sono i modi di presentarsi e dire alla vita “Ci sono!”. Si accontentano di accodarsi a quanti potranno dire “io ora ho questo diamante tecnologico”. E sappiamo bene, ormai, che dai diamanti non nasce niente... Che ci stiamo perdendo! Cosa vogliamo veramente ritrovare? Tanta voglia di apparire, per poi alla fine, non esserci nemmeno?

Francesco Paolo Monaco

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