#MAgarte: "Le donne di Verdi... davvero mobili?"

a cura di Mariella Agostinacchio

Profumo di Teatro Politeama a Lecce. Con fatica, tenacia e amore per la tradizione anche quest’anno ci regala l’Opera. Studio, leggo, ascolto arie celebri, meno celebri, chiacchiero con l’amico melomane e rifletto sulle donne di Verdi: spesso in camicia da notte, spesso fraintese e tra un approfondimento ed un’amabile consiglio rifletto. Una e bina, una e trina, una ed ennesima, all' infinita potenza: "la donna", sostantivo singolare femminile, nel teatro musicale di Giuseppe Verdi diventa all' improvviso "le donne", nome plurale, molteplice, moltiplicato per cento. Lo strappo nei confronti dell' opera classica è violento. Nelle opere di Rossini, di Donizetti, di Bellini, la figura femminile interpreta lo stereotipo dell'eroina romantica: languida, fremente, appassionata, malata, pura, votata al sacrificio.

Nei drammi di Verdi, invece, da Nabucco in poi, cambia tutto: Abigaille, Elvira, Odabella, Lady Macbeth, e
poi Gilda, Leonora, Azucena, Violetta, e ancora Elisabetta, Aida, Amneris, Desdemona sono donne di carne e di sangue, di testa e di cuore, donne che abitano in palcoscenico, ma che assomigliano sempre di più a quelle che si incontrano nelle case, nelle strade, nei teatri d'Italia. Quello che il musicista rifiuta all’eroe, lo accorda dunque immancabilmente all’eroina: finezza, sensibilità, evoluzione interiore, senso del reale, capacità di soffrire, intelligenza del cuore, come se l’eroe incarnasse dell’uomo la volontà rigida e tesa, mentre la donna ne incarnerebbe l’anima. Per compiere questa metamorfosi Verdi usa il suo strumento preferito: la voce. Una voce che si trasforma in un coro: il soprano diventa lirico, drammatico, di agilità, il mezzosoprano si divide in acuto, lirico, grave. Ed è proprio nei registri più vari delle voci che si specchiano i caratteri altrettanto esuberanti delle donne verdiane.

Mentre le "donne di carta" di Verdi tendono dunque a diventare sempre più concrete e reali, le sue donne di carne, quelle che lo hanno accompagnato lungo il corso della vita, non assomigliano affatto a personaggi da melodramma. Al contrario sono donne solide, forti, sostenute da un amore pragmatico e terreno: Margherita
Barezzi, la prima moglie, segue devotamente Giuseppe nei primi, tragici anni milanesi, Giuseppina Strepponi, fedele, paziente, saggia compagna di una vita, lo protegge dalle tempeste dell' esistenza, Clara Maffei, amica e confidente, fa di lui un uomo di pensiero e persino un “politico”, Teresa Stolz, infine, amore platonico e inconfessato, gli sta accanto in silenzio, soprattutto negli anni della fertilissima vecchiaia. Mi accomodo sul velluto rosso….luci spente. Inizia la magia!!

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