#MAgarte: Chi sei tu e chi sono IO? Il teatro e dintorni

di Mariella Agostinacchio

Ma poi perché andare a teatro? In fondo quel buio fa bene solo a chi sta fuori della sua pelle e in silenzio (neanche sempre!) si tiene stretto nella sua poltrona. Tanto tra un po’ tutto finisce. Si sa è finzione e la catarsi ha il tempo di un frammento. Ma quale catarsi? Chi la cerca davvero chiuso nel cappotto del suo IO irredento e manipolatore, costrittore e funambolo, colpevolista ed assertivo. Non c’è scarto per chi ragiona ma solo dubbio costruttivo. Dunque serve il teatro? Si: a non morire. Che sia sociale o politico, teatro civile e incivile, teatro della memoria e della storia, narrata o dimenticata, poetico o caustico, il teatro crea emozioni, stupori e
divertimento, orrore, repulsione, straniamento o immersione. Indifferenza. Parla il linguaggio della realtà o si rifiuta di parlare della realtà e della verità. E’ morale, immorale e amorale, saggio e barbaro, per gli educati, gli ineducati, i maleducati e per chi ancora non è. E’ astratto ma connaturato all’organica attività dell’attore.

#salentowebtv #MAgarteA teatro con Rezzamastrella, la straordinaria coppia andata in scena al TEATRO PAISIELLO DI...

Pubblicato da Salentoweb.Tv su Venerdì 18 marzo 2016

E’ una finzione? Davvero no. “E’ uno spazio transizionale” dove è impossibile non riconoscere in allineamento o divergenza qualcosa che ri-guarda chi guarda. L’ultimo incontro? Con la geniale coppia RezzaMastrella nello spettacolo IO del 1998. Facce ghigliottinate in paramenti iridati, guizzi imprevedibili, sospensioni di tempo e spazio in cui si attende…ma cosa? L’espandersi cinico e irriverente dell’IO tra un radiologo esaurito, un campo di calcio abitato da una non-persona che offende e oltraggia, un masturbatore melanconico che piega le “lenzora”, si doccia e poi schizza via! E’ un gioco dell’oca, con le regole necessarie ad infrangerle. Un visionario vede vulva nelle orecchie altrui. Ipocrisie pedofile, drogate e anziane si sovrappongono ad ipocrisie umanitarie E l’IO? In un improbabile cerchio giallo, che conserva l’idiozia di un extraterrestre al cospetto di una tavola crapulona, cresce inumando e disumano, inventando lavatrici e strumenti di quieto vivere. Io mangia la vita bevendo acqua rotta che è portavoce dell'amaro. E Io, affacciato sul mondo terzo dove scopre che, tra piaghe e miseria, serpeggia l'appetito non supportato dalla tavola imbandita.

Infine la catastrofe: Io si ridimensiona... Licre colorate gialle, rosse, arancio, verdi, viola, trasparenti, scivolano sulle guide metalliche scandendo i tempi dello spettacolo, geniali stendardi sovrapposti alla testa-uovo di Rezza, una sorta di insacro altare dove emergono le assurdità dell’IO, una esca per lo spettatore torturato dal fittizio, ma ubriacato nella parola un po’ burina, estroflessa, che prende corpo direttamente nel toccare, spettinare, richiamare, sputare, rimproverare. Un geniale cortocircuito.

“Quando tutta l’umanità avrà un piede nella fossa, lasciamo l’altro libero e mandiamolo a testimoniare che noi siamo esistiti, non era uno scherzo” Flavia Mastrella Antonio Rezza, Clamori al Vento, 2014

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