Tradizione impetuosa: la Fòcara

A cura di Chiara De Carlo

Se due mesi fa avessimo pensato di trasferirci fisicamente a Novoli per comprendere cosa pulsa nella pancia dei Novolesi nei mesi immediatamente precedenti alla loro festa, siamo sicuri che avremmo colto l’impegno costante e la passione “spassionata” che muove le loro gambe, le loro braccia e la loro testa in vista dei tre giorni più importanti dell’anno per la loro comunità.
Avremmo avvertito la magia del Natale raddoppiata da quella della festa che inizia a farsi avvertire.
Qualcuno dice che “tra un caffè al bar con l’amico che scende appositamente per la Fòcara, una fascina posata, un giro in bici attorno e quattro chiacchiere e risate con chi la Fòcara la vive da mezzo secolo” il tempo sembra fermarsi nel sorriso, nel sudore del lavoro e nelle parole.

Quello però che certamente non avremmo potuto comprendere totalmente è cosa significa vivere “la festa”. Costruirla, monitorarla, animarla. Perché questo privilegio, è riservato a pochi.
E’ riservato ad una fascia ristretta di persone rispetto a quelle che ogni anno si riversano nel comune salentino dal 16 al 18 Gennaio. E’ riservato ai novolesi.

E allora non conta guardare la pira che prende fuoco. Pur essendo uno spettacolo tanto bello quanto attrattivo, l’emozione vera non è quella.
L’emozione è negli occhi di chi il grande fuoco l’ha costruito o l’ha visto costruire, di chi ha portato le fascine, di chi attende quel momento per sentire il senso di appartenenza alla sua comunità. Di chi, piccolo, si è messo sotto il grande falò e lo ha guardato alto e imponente chiedendosi mille volte come hanno fatto, “i grandi” a costruirlo così bello. Ma anche di chi, grande, vede il fuoco bruciare e pensa a tutte le volte in cui, il 16 Gennaio, è stato lì. A quando il papà lo prendeva sulle spalle per farglielo vedere meglio. O a quando gironzolava per la piazza con gli amici. E poi con la fidanzata. E poi con i propri figli.
Un fuoco senza tempo che si ripropone eterno e che brucia fuori e poi brucia dentro.
Il ricordo, l’immagine impressa, resta negli occhi.
Perché per il resto, la piazza fumante, con le fascine diventate cenere, regalano solo il vuoto che i novolesi conoscono bene.

Il “senso dell’assenza” è un sentimento ciclico lì. Si ripropone, ogni anno, dopo l’abitudine alla presenza della pira che subentra. Dopo l’occhio che prende confidenza con quel “monumento momentaneo” che ogni anno si ripropone. Quando scompare, manca. Eccome se manca.

Quest’anno nuovi punti di vista arricchiscono l'esperienza. Un drone è stato l’ultimo occhio dei novolesi, una nuova prospettiva che fa vedere la pira così come non è stata mai vista.
L’installazione diventa una spirale. Il fumo visibile da giù dopo l’accensione, diventa una fiamma ardente se visto dall’alto. Le bandiere degli sbandieratori diventano scenografia magica e le migliaia di persone il mare attorno alla costruzione circolare perfetta.

#Focara2014 vista dal drone http://www.salentoweb.tv/video/8430/focara2014-vista-drone

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