Baricco a Lecce per "Scrivere il Mediterraneo".

E’ Lecce, dalle finestre di Palazzo Turrisi entra una luce che stupisce chi è di passaggio nella Città Chiesa. Il vento dei giorni scorsi ha spazzato via le nuvole e il centro storico è il trailer di ciò che ci si aspetta da questo luogo quasi isolano che si lascia doppiare troppo dalle sue cartoline. Il ventriloquio alla moda è quasi una pantomima per chi qui ci resta, ci vive, ogni giorno.
Forse Baricco lo avverte, del resto non è la sua prima volta nel capoluogo salentino, ora – l’occasione è una masterclass nell’ambito di ArtLab 2012, il laboratorio della Fondazione Fitzcarraldo – è chiamato a interrogarsi sul tema della sezione formazione, “Scrivere il Mediterraneo”, summer school di scrittura della Scuola Holden, in collaborazione con Liberrima.

La Fondazione “scesa giù” apposta da Torino, stavolta si è portata dietro lo scrittore italiano che deve la sua popolarità a libri molto fortunati, basti pensare a “Oceanomare”, “Seta”, “Novecento”. Alessandro Baricco è venuto a spiegare al pubblico volutamente ristretto di stamattina, in una delle sale di Palazzo Turrisi, in che punto della nostra Storia si è innescata la narrazione, intesa non più come puro resoconto di un fatto, ma come innesto e invenzione.
Quel doppio generato dalla vita, tanto caro agli scrittori. Per mettere in luce quel momento, fissato su una pagina, Baricco ha raccontato in una lezione-maratona la Guerra del Peloponneso secondo Tucidide.

Ovviamente, il punto non è spiegare più o meno velocemente la storia di Sparta, Atene e rispettive coalizioni. Semmai è nelle implicazioni, nelle dissertazioni, che ne derivano nero su bianco. “Perché a un certo punto,” – spiega Baricco gesticolando come spesso lo si è visto fare nelle vecchie puntate di “Totem” oppure nei frammenti delle sue apparizioni pubbliche archiviate su YouTube – lo storico smette di attenersi al semplice mestiere di storico, smette di riportare i fatti e inventa i dialoghi di quei protagonisti, e si tratta di dialoghi che non avrebbe mai potuto trascrivere, dal momento che non li ascoltò.”
Insomma, prima di “Scrivere il Mediterraneo” Baricco tenta di leggerne la paternità, la germinazione, e lo fa riprendendo la Storia di un tempo lontanissimo riportata da chi, a un certo punto, scelse di farne semplicemente una storia. Sembra un gioco di parole, in effetti lo è, lo stesso Baricco stamattina ha più volte rimarcato la sottile rivoluzione che attraversa il passaggio dalla Storia con l’iniziale maiuscola a quella con l’iniziale minuscola.

Prima di cominciare, quando in sala c’è ancora disordine, Baricco fa il suo ingresso con una nonchalance un po’ teatrale, così neutra che sembra studiata a lungo allo specchio, un po’ come le pagine molto lavorate. L’immancabile gilè sulla camicia, che negli ultimi anni sembra essere diventato parte di una divisa, per così dire, e l’aria di chi sa benissimo di essere un certo Alessandro Baricco.

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