Confartigianato tranquillizza: "Il Made in Salento conquista i mercati esteri"

Confartigianato tranquillizza: "Il Made in Salento conquista i mercati esteri"

Il «made in Salento» conquista i mercati esteri. Prodotti di alta qualità e raffinato design, marchi forti e conosciuti fanno riprendere quota all’export in provincia di Lecce. Sempre più beni e prodotti manifatturieri, infatti, «volano» all’estero.

La conferma arriva dagli ultimi dati Istat, elaborati dall’Osservatorio economico di Confartigianato Imprese Lecce, che «fotografano» la confortante ripresa delle esportazioni.

Al 31 marzo scorso, sono stati venduti prodotti per un importo complessivo di 106 milioni e 160mila euro, con un incremento del 10,28 per cento rispetto al primo trimestre del 2011 (96 milioni e 266mila euro). E’ molto probabile, dunque, che l’anno in corso possa registrare una netta e costante ripresa dell’export.

Tuttavia, il Salento è ancora lontano dai valori pre-crisi, quando si raggiungevano quasi 150 milioni. Più precisamente, 148 milioni nel 2007 e 149 nel 2008. Poi, la battuta d’arresto negli anni 2009 (86 milioni) e 2010 (79 milioni). Fino alla risalita di oggi (106 milioni).

Le esportazioni rappresentano una voce sempre più fondamentale per l’economia salentina e un indice che consente di comprendere lo stato di salute della produzione interna e del commercio mondiale. Attraverso l’andamento dell’export, si può, infatti, monitorare la competitività delle aziende della provincia di Lecce e la loro capacità di penetrare in mercati di altri Paesi che si possono rivelarsi strategici.

I beni più richiesti all’estero restano i minerali da cave e miniere; il legno e prodotti in legno e sughero; i macchinari e le apparecchiature; i prodotti della silvicoltura. In una fase di piena globalizzazione, i territori avvertono la necessità di scambiare con gli altri Paesi sia beni, sia servizi, sia conoscenze.

Le importazioni si fermano, invece, a 69 milioni e 263mila euro, a dimostrazione che si riduce la domanda interna. Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, si registra un meno 20 per cento (al 31 marzo 2011 erano 86 milioni). La differenza tra import ed export è, dunque, di 36 milioni e 896mila euro. Solo nel 2010 l’import ha superato l’export.

Un aiuto per incentivare ancor più l’export arriva dalla debolezza della moneta unica. La volatilità dei cambi (dollaro-euro, in particolare) è stata ed è ancora elevata. Ma la moneta unica europea è scesa repentinamente da 1,45 (giugno 2011) ad appena 1,25, il livello più basso. La «tensione» sul fronte dei prezzi che spingono, ad esempio, verso l’alto i listini dei carburanti, conta fino ad un certo punto. «Quel che più conta per gli operatori - spiega il vicepresidente vicario di Confartigianato e delegato all’Internazionalizzazione, Carlo Bentivenga - è soprattutto la spinta aggiuntiva di un cambio tra monete che favorisce le esportazioni in euro».

Di più, secondo Bentivenga, «la competitività si accresce con l’aggregazione». In particolare, la Camera di commercio e la Provincia di Lecce hanno promosso, come nuova tipologia d’impresa, il «contratto di rete».

«Si tratta - spiega il vicepresidente - di una forma di aggregazione del tutto nuova che consente agli imprenditori di stringere legami più solidi e, nello stesso tempo, flessibili per proporsi, in maniera più efficiente e competitiva, sui mercati internazionali. Pur rimanendo autonome, - sottolinea - le imprese si impegnano a realizzare insieme progetti e a condividere investimenti, formazione e marketing, ponendo le basi per operare in forme stabili (a differenza, ad esempio, delle associazioni temporanee di impresa, Ati) e coinvolgendo il «core business» di ciascuna (a differenza dei consorzi)». Insomma, un modo per superare i grossi limiti di natura dimensionale delle imprese salentine.

Il direttore di Confartigianato, Amedeo Giuri, pone l’accento, invece, sul «crollo» delle importazioni, dovuto al calo della domanda interna. «Purtroppo - commenta - c’è poca liquidità in giro e questo si ripercuote, soprattutto, sui consumi e sulla domanda. Una delle cause - conclude - può essere l’elevata pressione fiscale a carico di famiglie ed imprese».

linked videos

NESSUN VIDEO LINKATO