Il Salento dei tesori nascosti continua a donare stupori e scoperte, nei giorni scorsi a Specchia sono stati ritrovati preziosi affreschi seicenteschi durante i lavori di restauro della Chiesa di S. Antonio da Padova in Via Plebiscito. Nell’area posteriore all’altare maggiore sono rimasti nascosti come in una fiaba gli affreschi, risalenti al 1626, resi visibili su incarico della Confraternita di S. Antonio da Padova e della SS. Trinità, guidata dal Priore Alfredo Villani. L’affresco è ritornato a vivere grazie all’accurato lavoro di Dario Taras, restauratore salentino.
Gli affreschi, scoperti casualmente a seguito dello spostamento del coro in legno addossato alla parete, si trovano ai due lati di una porta che permette l’accesso ai locali utilizzati attualmente come deposito della Confraternita. Il complesso pittorico si sviluppa ai due lati della porta con due scene simmetriche: due Santi domenicani, in ginocchio davanti ad altrettanti altari, ammirano, quello a sinistra, la Madonna col Bambino entro un gruppo di nuvole, probabilmente l’apparizione della Vergine a S. Domenico, quello a destra, il Crocifisso, probabilmente a S. Tommaso. Le due scene si svolgono in ambienti interni, probabilmente di chiese, con colonne, candelabri, decorazioni di muri a finti conci porte, una chiesa ed altri oggetti non ben riconoscibili elementi tipici degli arredi murari degli Ordini Mendicanti. Sul lato basso a sinistra di una porta di accesso a un locale e dell’autore dei dipinti si possono leggere solo le iniziali, probabilmente “V.C.”, nella parte inferiore destra di una delle decorazioni centrali,probabilmente un pittore salentino di cultura e tradizione tardo manierista, di qualità espressive non particolarmente elevate, ma di solida preparazione tecnica, con esperienza più di decoratore che di pittore. La chiesa ex domenicana di Santa Maria del Rosario di Specchia, oggi sotto il titolo di S. Antonio da Padova, rappresenta la testimonianza più meridionale della presenza dei Frati Predicatori nell’antica Terra d’Otranto.
Un luogo sacro attiguo all’antico complesso conventuale fondato dall’Ordine di S. Domenico di Guzman nel 1608 ad opera di Fra Giacinto Riglietta da Lecce su commissione di Scipione Balsamo,Barone di Cardigliano e, probabilmente, sepolto nella stessa chiesa, e di tutte le famiglie notabili di Specchia. Anche il luogo sacro, di riflesso, nella sua costruzione fu ostacolato dalle difficoltà incontrate dall’Ordine dei Domenicani durante la loro presenza a Specchia, riscontrabili nelle pitture e negli interventi edilizi, realizzati nel corso dei secoli. Nel corso del 1600 a causa della costruzione del Convento e del luogo sacro, mentre il 700, un secolo ricco di contraddizioni, inizialmente, grazie alla pietra leccese, imperò il barocco con le grandi chiese e i maestosi conventi, tutti ricamati in cornici e stucchi, poi l’epocali rivoluzioni dell’economia, del pensiero e degli ordinamenti politici. Il 7 agosto 1809 Gioacchino Murat emanò il Decreto sulla Confisca dei beni ecclesiastici,i Domenicani furono costretti ad abbandonare Specchia. Dopo la caduta di Napoleone, Ferdinado I° di Borbone, tornato sul trono di Napoli, restituì il Convento ai Domenicani, che non tornarono più a Specchia, lasciando al degrado il luogo sacro, portando il Vescovo di Ugento, nel 1904, a sospendere il culto nella Chiesa e a trasferire la sede della Confraternita nella Chiesa Madre. Tra gli anni Venti e la fine degli anni Trenta furono eseguiti dei lavori di restauro; nel 1939 fu sostituito l’altare maggiore in pietra leccese con un altro in marmo e fu rifatto il pavimento, sino ad arrivare alle decorazioni murarie scomparse dopo il Concilio Vaticano II.
Al termine del restauro, gli affreschi sono stati riportati ai colori e alla magnificenza del 1626, aggiungendo un’altra perla nel patrimonio storico – artistico di uno dei “Borghi più Belli d’Italia”, un lavoro apprezzato dagli specchiesi e ammirato dai numerosi turisti che nell’ultima estate hanno visitato la cittadina del Capo di Leuca.