Contenitori culturali e il nuovo lavoro, un binomio possibile! (di Gigi Pedone)

Contenitori culturali e il nuovo lavoro, un binomio possibile!

(di Gigi Pedone) CONTENITORI CULTURALI E NUOVO LAVORO, UN BINOMIO POSSIBILE!

Must? Chapeau! E così nessuno potrà equivocare su quanto dirò in questa mia breve considerazione sul neonato Museo Storico della città, presentato nei giorni scorsi. Che poi l’iniziativa sia avvenuta a pochi giorni dal voto, poco importa. (A proposito, le persone che stanno lì lavorando in questi giorni, sono state assunte con avviso pubblico?).
Non avendolo ancora visitato (il Must) evito di esprimere qualsiasi giudizio di valore sulla destinazione data all’ex Convento delle Clarisse. E mi chiedo se la nuova iniziativa si inquadri in una strategia organica e consapevole sull’ utilizzazione dei “contenitori” artistici che vengono restaurati e valorizzati.

Stando all’esperienza fin qui fatta, non mi pare che si possa parlare di una politica culturale che si fondi, appunto, su di una visione moderna dell’intervento del Comune in un campo così complesso. Prova ne sia il fatto che quei monumenti recuperati, dal Castello al Conservatorio di Sant’Anna, dal complesso dei Teatini al Palazzo Vernazza, dal Teatro Romano all’Anfiteatro, eccetera. Ognuno di quei siti vive una vita grama e disgiunta dagli altri. Fuori da ogni logica unitaria, pur mantenendone la loro specifica funzione a cui sarebbero stati destinati. (Che ne sarà dell’ex teatro Apollo quando sarà completato?). Si tratta di contenitori che vengono utilizzati essenzialmente per manifestazioni estemporanee o per sedi di uffici. Che, seppur importanti, sono inadeguati a far remunerare gli ingenti finanziamenti impiegati. Neanche l’altra sera, in occasione dell’apposito dibattito svoltosi tra i candidati presso la libreria Liberrima, sono state date risposte persuasive sull’intera problematica e ci si è solo limitati a dare risposte generiche quanto fumose. Perdendo di vista che una seria utilizzazione di quei siti culturali darebbe, tra l’altro, tantissimo lavoro a giovani laureati, come le Officine Cantelmo dimostrano!

Per fare un esempio concreto di inadeguata utilizzazione di un grande “contenitore” culturale è sufficiente pensare all’uso che se ne fa del Castello di Carlo V. Un uso molto al di sotto delle straordinarie potenzialità, che il maniero cinquecentesco consentirebbe.
Partendo da questa considerazione, la Claai Puglia e Basilicata (associazione di imprese artigiane) ha avanzato, da oltre un anno, al Comune una seria idea progettuale, consegnandola nelle mani dell’assessore alle Attività Produttive, Luigi Coclite. Una proposta articolata, che è stata sviscerata in un apposito incontro con lo stesso assessore. Che si dichiarò entusiasta!
Di che cosa si tratta? Semplice: fare del Castello Carlo V la “Cittadella dell’Artigianato artistico e di Qualità”. Ovvero, portare nel Castello i laboratori di quelle produzioni eccellenti, che consentirebbero anche ai turisti di assistere alle fasi delle lavorazioni artigianali;unitamente alla realizzazione di una Mostra permanente e di una Scuola di Alta Formazione per gli apprendisti delle aziende artigiane; Scuola ben raccordata con l’Accademia delle Belle Arti e con la Facoltà dei beni Culturali. Si tratta di quelle imprese, ricordiamolo, che a Lecce sono presenti in numero significativo. E che rischiano di non trovare più quei giovani, qualificati, di cui avrebbero bisogno. Specie per i mestieri dell’artigianato artistico (tradizione e innovazione), che necessita sia del saper creare che del saper fare con le mani; come pure nelle attività alimentari come la gelateria, la pasticceria e anche la cucina tipica, per non dire poi della sartoria su misura.
Ma la nostra idea si completava con la previsione di una “Fiera del Restauro”. Sulla base dell’esperienza che si fa annualmente nella città di Ferrara. Un’occasione nella quale mettere a confronto tecnici ed esperti, studiosi e ricercatori della nostra Università e imprese del restauro, sulle esperienze più avanzate che si sono compiute nelle diverse parti d’Italia . Aprendosi anche al confronto con altre esperienze europee. una qualificata.

Ecco, in estrema sintesi, la proposta che giace nei cassetti del Comune. Ci sorprende, pertanto, leggere che nella sede del nuovo del neo Museo, vi sia anche uno spazio destinato all’esposizione di prodotti di artigianato artistico. Come se l’artigianato dovesse essere considerato alla stregua di un qualcosa soltanto da esporre, senza tener conto che i suoi prodotti sono anche beni fungibili e non certo reperti da catalogare!
Mi chiedo, ma costava tanto interpellare anche la Claai, he pure aveva avanzato quelle proposte precise? Ecco il punto. Oppure bisogna far parte del “cerchio magico” di Palazzo Carafa?

Gigi Pedone, della Claai Puglia e Basilicata

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