Il nuovo progetto musicale di Marco Ancona

Ha portato il Rock Made in Salento alla ribalta nazionale e torna a far parlare di sé con un nuovo progetto musicale il cui titolo è tutto un programma: "Quando resta solo il nome". E' il primo singolo di Marco Ancona, segna inevitabilmente una svolta artistica ed è in uscita il 3 aprile in tutti i digital store per XO Records/Cabezon Records annunciato da un videoclip firmato dallo stesso chitarrista e cantautore.

Questo percorso, nato dal fermento della nuova factory fondata con Giuseppe Gioia, XO per l'appunto, affonda le sue radici nell'indie-rock potenziate da testi dal carattere fortemente visionario. Alla vigilia del tour che vedrà Marco Ancona in cammino con la sua musica, accompagnato in Italia da Francesco Pennetta alla batteria e da Dario Ancona al basso, lo abbiamo intervistato prima della data zero in programma l'8 aprile nella sua Lecce, il concerto si terrà al Twentyfour.
Il rocker sta scaldando le chitarre, e intanto si racconta così:

Natural born killer, anzi nato musicista e cantautore. Classe 77, da vent'anni tieni testa al tuo talento e sei tra i più irriverenti della scena musicale contemporanea. E' una questione di stile?
Non direi. Dicono che do fastidio da quando sono nato e la maggior parte delle volte non lo faccio volontariamente.
Sarà l’influsso del 1977: una miscela esplosiva di punk e anni di piombo.

Quasi come in un'evoluzione naturale, dopo i primi 2 progetti musicali (Bludinvidia e Fonokit), presenti ora il tuo singolo, stavolta è un viaggio in solitaria che ti vede unico protagonista incontrastato della scena. Questo è un fattore che accresce la tua libertà espressiva?

Se sì in maniera molto relativa. Mi spiego meglio: nei miei vecchi progetti ero comunque il leader, se non altro per i ruoli che ricoprivo, ovvero cantante, autore, strumentista e ultimamente anche produttore in studio. Questo significa che in qualsiasi caso non ho mai fatto cose controvoglia o contro i miei gusti artistici per spirito democratico. In ogni gruppo di lavoro ci deve essere sempre uno che guida la barca e spesso si delinea spontaneamente secondo il numero e l’importanza delle competenze che ha. Oltre tutto ho sempre amato avere attorno consiglieri e, anche se il mio nuovo percorso da solista porta il mio nome e cognome, ho messo su un gruppo di lavoro di persone preziose come Francesco Pennetta batterista, Dario Ancona - mio fratello - che suona basso e tastiere e Giuseppe Gioia - mio personal manager - con i quali, oltre ad andare in tour, ci interfacciamo su qualsiasi aspetto inerente il progetto, dalla produzione fino ad anche la pianificazione promozionale.

Come dimostra la Storia della Musica, solitamente i compositori non sono grandi virtuosi dello strumento, tu rappresenti indubbiamente un'eccezione. Come vivi ed intrecci queste dimensioni del tuo mestiere: l'essere compositore/cantante/musicista? In questo tuo nuovo percorso musicale quale delle tre anime di Marco Ancona emerge con più forza?
Nei miei progetti è sempre emersa più quella creativa, mi da senza dubbio molto più gusto nel fare le cose. Il lato tecnico lo trovo comunque fondamentale ma giusto alla base, per dare efficienza all’espressione delle canzoni che scrivo e produco. Faccio sempre in modo che sia al servizio del brano e non arriva mai assolutamente ad esprimersi in “virtuosismi” gratuiti o esagerati, che oltre tutto ho sempre trovato di cattivo gusto.

Il videoclip del tuo nuovo singolo è interamente realizzato da te, ne firmi la sceneggiatura oltre alla regia ed al montaggio: stai esplorando ulteriori strade creative?
E’ stata davvero una casualità. Volevo un videoclip diverso dal solito e da quello che si vede in giro ultimamente, qualcosa di sperimentale, un po’ lo-fi, un po’ claustrofobico e che rappresentasse il mio gusto per l’immagine un po’ sinistro. Così mi sono messo a fare delle prove con dei filmati con l’intenzione di far capire il genere di videoclip che avrei voluto ad un regista vero da poter coinvolgere.
In quei giorni più di qualcuno, passando dal mio studio e dandoci un’occhiata, mi ha incoraggiato a lavorarci più seriamente in prima persona e così ho fatto, anche se sinceramente davo quasi per scontato che non sarei stato in grado di ottenere risultati apprezzabili in questo campo a me completamente sconosciuto. Ero anche cosciente del fatto che un brutto videoclip avrebbe potuto penalizzare la diffusione del mio nuovo singolo e questa era ovviamente la cosa che mi preoccupava di più. Alla fine dei conti ho rischiato basandomi sul fatto che il video iniziava a convincere sia me che i miei collaboratori e quindi ci siamo fidati del nostro personale gusto. Non ci siamo sbagliati visto che dopo averlo terminato il Rolling Stone l’ha visto privatamente e ha voluto l’anteprima nazionale per il suo portale. Inutile dire che trattandosi del primo e forse ultimo videoclip fatto da me non mi aspettavo un tale risultato. In qualsiasi caso l’esperienza l’ho trovata stimolante e non è detto che in futuro non ci riproverò altre volte. Vedremo.

I chitarristi vivono un rapporto profondamente sensuale con le proprie chitarre, quasi fossero amanti in un harem. Nel tuo harem, qual è il nome della chitarra-amante che ami di più?
So di essere anomalo come chitarrista da questo punto di vista, ma non sono così feticista..Però comunque direi che tra tutte ho un debole particolare per la mia Gibson acustica.

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