Occhiali da sole, gioielli e foulard, la fiamma rossa dei capelli ravviati, minuta e gigantesca al contempo, Maria Mulas è un'icona vivente che si aggira con tutta calma tra le opere, le sue e quelle di Andy Warhol, nella mostra allestita nel Castello Carlo V di Lecce e che dal 25 giugno al 20 novembre sarà aperta al pubblico. Stamattina visitiamo in anteprima il percorso espositivo e incontriamo lei, la grande fotografa italiana che ha posato il suo sguardo vivo e misurato sugli ultimi istanti del re della Pop Art. Questo incontro tra mostri sacri, vibra nelle sale che ospitano 72 opere di Warhol e 12 fotografie di Maria Mulas, nell’esposizione a cura di Spirale Milano e Lorenzo Madaro.
Maria Mulas sceglie la serie dedicata a "Marylin" per rispondere alle nostre domande e comincia a raccontarci di quella volta che incontrò Warhol davanti ad una bancarella dove entrambi avevano trovato un piccolo tesoro: un gioiello in malachite che lui le lasciò. "Adorava i gioielli, era un uomo alla mano, prima di conoscerlo credevo che sarebbe stato difficile il rapporto con un genio e invece si rivelò semplice sin dal primo istante".
Ci lasciamo rapire dal ciclo “Ladies and Gentleman”: dieci serigrafie del 1975 che ritraggono le drag queen afroamericane del club newyorkese The Gilden Grape, accompagnate dagli acetati dedicati alla serie, da polaroid e opere uniche su carta. A seguire le sezioni che accolgono, rispettivamente, le immagini maschili e quelle femminili realizzate negli anni dal maestro della Pop Art americana (Marilyn, Mao, Keith Haring), tra le quali trovano posto alcune tra le sue opere più note, entrate a far parte dell’immaginario collettivo della contemporaneità. In una parola l'alfabeto di Warhol, un dizionario amoroso in continua espansione che ancora oggi influenza e determina linguaggi e visioni.
Il curatore Lorenzo Madaro ci spiega: "Affiancano il percorso principale una serie di ritratti dell’artista realizzati da Maria Mulas nel 1987, un’opera dedicata da Warhol a Maria Mulas e un video. Gli scatti della grande fotografa italiana (Manerba del Garda, Brescia, 1935), opere uniche virate con cromie warholiane, costituiscono una preziosa testimonianza dell’ultima uscita pubblica – in occasione della presentazione a Milano del progetto L’ultima cena, rivisitazione in chiave pop del celebre capolavoro leonardesco – di Andy Warhol, a un mese dalla sua morte.
Completa l’esposizione il video Factory Diaries, realizzato nel maggio 1982 da Andy Warhol e Peter Wise che, con un girato grezzo privo di regia, documenta un viaggio tra amici all’insegna dell’allegria, da New York a Cape Cod, nel Massachusetts. Un viaggio che fece dimenticare all’artista l’attacco frontale ricevuto solo tre mesi prima dalla voce autorevole di Robert Hughes, il quale sulle colonne del «The New Review of Books» lo aveva ritratto come l’uomo nero della cultura americana, confutandone la fama, stroncando il suo Ten Portraits of Jews fo The Twentieth Century, rimproverando alla rivista «Interview» la simpatia nei confronti dei reali persiani e della Casa Bianca di Reagan. Warhol conservò l’articolo in uno dei 34 album di ritagli di giornali, attraverso i quali sin dai primi anni Sessanta seguiva ossessivamente l’affermarsi della propria carriera. Ma se negli anni Settanta osservava: «Sono tutto quello che i miei album dicono di me», più tardi ebbe a dire: «Non fate caso a ciò che scrivono su di voi. Limitatevi a misurarlo in centimetri»."