#JeSuisCharlie

Mi piace scrivere e non so disegnare. Ho pensato tante volte che avrei voluto avere il dono della matita in mano che prende forma e la prende in modo bellissimo, ma non ce l’ho, e non posso far altro che ammirare chi da un’idea fa venir fuori un’immagine simbolica tanto quanto una frase pensata e messa per iscritto.

Oggi penso continuamente a questo perché i social network, il mio pane quotidiano, mi portano costantemente di fronte a delle immagini. Delle vignette, per la precisione, che mai come oggi sono così vicine al mondo che amo e in cui amo lavorare, quello dell’espressione. Il mondo della matita e della penna. Sono le vignette create dagli “operai” del mondo della comunicazione. Dai vignettisti, dai grafici, da chi si è sempre espresso provando a mantenere vivo lo spirito della libertà d’espressione. Sono state create perché la redazione di Charlie Hebdo, colpita ieri con un attentato terroristico, si può omaggiare solo così. Perché l’attacco, la tragedia e il dolore possono solo essere affrontati con un’arma grande e potente: la matita, di nuovo. Più forte di mitra e pistole.

E allora oggi, a differenza di tutti gli altri giorni, in cui il mondo social sui suoi canali più noti si allinea al fatto del giorno, non ho più quel fastidio che mi pervade quando vedo cento foto di arcobaleni sulla mia timeline. O cento foto dell’unica neve che ha colpito il Salento. Oggi vedo l’arte che prende forma in mille modi su un argomento univoco. Vedo la satira. Vedo il mondo che comunica così e che lo fa all’unisono. Vedo matite che non si spezzano. Matite e penne innalzate a mò di scettro. Vedo una mano, con un dito medio alzato che dito non è, è ancora una matita con la punta appuntita. Vedo la solidarietà dei colleghi dei giornalisti vittime dell’attentato che non si piega e non si spezza.

Se spezzi la matita ne vengono fuori due. Più forti.