(Anche) il backstage è il mio mestiere. Piccolo diario torinese.

Stando al perenne convincimento umano, a Torino si va a gianduiotti (ne avessi assaggiato uno, me tapina). E questo andare, che non a caso rimanda a ben altre pratiche, ha in sé del genio (italiano). Davvero singolare, ma lo si capisce solo dopo aver provato a ordinare un piatto qualsiasi in una taverna del Quadrilatero (quante scoperte si fanno, signori miei, chiedendo indicazioni ai passanti), un sabato sera, e per giunta dopo essere stati a mollo nella gigantesca cucina che è il Salone Internazionale del Gusto - Terra Madre.

Noi di InCima - SalentoWebTv, in Fiera, ci siamo andati per raccontare l'Area riservata all’Assessorato alle Risorse Agroalimentari della Regione Puglia, e che Area: colorata, al dente, amabile. Detto ciò, passiamo al dietro le quinte del nostro lavoro, quello che riempie un taccuino di viaggio parallelo, personale, e che prende spunto dai tipi umani scelti per l'impresa, come potete capire.

Sarà capitato anche a voi di sentirvi al centro di una commedia che vi fa ridere fino a trasformarvi gli zigomi (se ce li avete) in mele cotogne. Tre tipi umani, dicevo, inclusa la voce narrante, partiti dall'aeroporto di Bari quasi in costume da bagno e arrivati in quel di Torino con indosso una pelle d'orso, la tappezzeria Ryanair e l'animus del cameramen.
Il cameramen, da secoli e secoli, come si evince sbobinando le puntate segrete di Super Quark, solitamente è silenzioso, al massimo ridacchia dietro la telecamera, sa badare a se stesso e sarebbe un ottimo cecchino. Poi, a un certo punto, il cortocircuito misterioso nel processo evolutivo: ed ecco Mino.

Un po' Fonzie e un po' MacGyver, Mino ha cominciato a dare nell'occhio durante il check-in quando la donna in fila dietro di lui è risultata essere una delle sorelle Carlucci in persona e incartapecorita. L'invecchiamento della Carlucci (talmente magra che avremmo fatto bene a portarcela nel bagaglio a mano fino all'Area Puglia al Salone del Gusto per rimpinzarla di provole e fucazz', quest'ultima non è una parolaccia ma un tipo di gaudio - leggi carboidrato - barese) ha turbato Mino al punto che per un intero minuto (bisogna conoscerlo per capire che si tratta di un record) non è riuscito a socializzare con nessun estraneo nel raggio di cento chilometri.

Questo minuto di totale isolamento ha lasciato me e Viviana, le sue compagne di viaggio, orfane di un attacco di ridarella per un tempo insufficiente al decongestionamento degli zigomi. Una volta arrivati a Torino, il cameramen in questione è riuscito ad archiviare il dilemma amletico che lo affliggeva durante le turbolenze: ma come farà quella sardina della Carlucci a prendere a mazzate certe malcapitate davanti alle telecamere de Le Iene? Grazie allo shock termico, la fretta di imbucarsi in un taxi e un certo languorino, il passato è stato dimenticato.

Eccoci al nostro presente, finalmente: un portiere d'albergo deviato da troppe puntate della Signora in Giallo e una donnina compunta scandalizzata dalla domanda a bruciapelo che Mino - in mancanza di senso dell'orientamento in ascensore - le ha rivolto, con un accento brindisino sospetto: “Scusi, signora, ma lei che numero di stanza ha?”.

Nell’unico albergo dove abbiamo trovato posto, a mezz’ora dalla Fiera, il dialogo tra clienti sembrava severamente vietato, un continuo monitoraggio assicurava che questa pratica non si diffondesse a mo’ di epidemia. Noi tre abbiamo trascorso la prima serata al bar della hall, mangiando pizza e insalata e guardando video comici su YouTube. La mattina dopo in Fiera ci ha dato il benvenuto un asinello vero, poi le zaffate di odori mescolati negli enormi padiglioni affollati di visitatori.

Giornate intere tra le provole, i pomodori d’inverno, certe conserve poetiche, soste Slow, interviste, conferenze. Una sera ce ne siamo andati alla scoperta di Torino, anche solo per dare la soddisfazione a Mino il cameramen di socializzare con qualche sconosciuto. All’andata ha socializzato per mezz’ora facendosi raccontare vita morte e miracoli da un tale che fino a un attimo prima pensava ai fatti suoi, al ritorno ci ha fatto ridere al punto che ci si stavano spostando le vertebre e ci siamo dimenticate di scendere alla nostra fermata, svista cui è seguita un’indimenticabile corsetta notturna sotto la pioggia gelida – e senza ombrelli - in una zona priva di marciapiedi. Son quelle cose tragicomiche del nostro mestiere che restano dietro tutto quello che facciamo e montiamo e mandiamo on line.

Resta altresì da annotare lo straordinario tassista che ci ha riportati in aeroporto, un sosia (migliorato) di Tiziano Ferro e Sam Riley (l’ombroso Ian Curtis di “Control”). Una volta giunti al Gate siamo stati colti da ilarità molesta: una tipa parlava al telefonino con la madre raccontando le sue disavventure quotidiane, il soffitto le era cascato addosso, aveva assistito altresì ad un allagamento, le si era spaccato un dente.

Come potete intuire, non era facile lasciarla salire con noi sull’aereo, anche perché i bagagli a mano avevano superato di molto le furbate di Ryanair in termini di cantucci vendibili. A un certo punto, per velocizzare la partenza, le hostess sono state costrette a seminare il panico parlando a vanvera: Se non sistemate subito i vostri bagagli sotto i sedili, saremo costretti a rimanere qui un’ora e mezza per traffico aereo/ Se non vi sbrigate, saremo costretti a restare qui per problemi climatici.
All’annuncio terroristico successivo ci ha pensato Viviana: Se non vi sbrigate, esploderemo.
Ridere in faccia alle hostess mentre spiegano come si atterra in acqua a mali estremi è come non riuscire a ritrovare l'aplomb durante il dettato della maestra. “Tutto sarebbe andato liscio,” diceva Mino, “se non ci fosse stata una certa persona a bordo”. All’atterraggio ci siamo tolti di dosso la pelle d’orso, la tappezzeria Ryanair, ma non l’animus del cameramen. Lo possino.