La pietanza più al famosa al mondo è italiana, inserita a pieno regime nella dieta di tutti i paesi e nei vocabolari delle diverse lingue. La pizza è la bandiera alimentare della penisola, che di italiano, ahimè conserva ormai poco. L’impasto di origine napoletana è infatti sempre meno tricolore, come pure la pasta, i sughi più nostrani, dall’arrabbiata alla puttanesca che profumano d’oriente mentre il pane viene lo impastano i Paesi dell’est Europa.
I dati parlano chiaro: in Italia sono stati importati nel 2013 - spiega la Coldiretti - ben 481 milioni di chili di olio di oliva e sansa, oltre 80 milioni di chili di cagliate per mozzarelle, 105 milioni di chili di concentrato di pomodoro dei quali 58 milioni dagli Usa e 29 milioni dalla Cina e 3,6 miliardi di chili di grano tenero.
Numeri che spaventano e minacciano l’originalità del piatto che fattura oltre 10 miliardi all’anno senza alcuna garanzia ai consumatori sulla provenienza degli ingredienti.
Da qui l’idea di Coldiretti, sempre attenta al Km0, della riscossa tricolore che parte quest'estate dal Tacco d'Italia: la pizza “salentinissima” verrà presentata (e degustata) martedì 22 luglio, alle 20, nella pizzeria Lo Scoglio di Pirro, a Torre San Giovanni (Ugento) ed ha le sembianze ed il gusto di una pizza al “cento per cento salentina”, tutta realizzata con ingredienti di Terra d'Otranto, a partire dalla farina, sino al pomodoro, alla mozzarella fior di latte, all'olio extravergine, al basilico ed alle olive.
La pizza salentina al cento per cento rappresenta un tentativo di inversione di rotta, dunque, ad un trend assai negativo fotografato dal dossier “La crisi nel piatto degli italiani nel 2014”, presentato dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo al Teatro Palapartenope di Napoli. Dall'indagine Ixe è infatti emerso che quasi due pizze su tre (63 per cento) servite in Italia sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori che oggi hanno rinunciato del tutto ad andare in pizzeria (25 per cento) o hanno ridotto le presenze (40 per cento) rispetto a prima della crisi.