Per Andrea. Lo studente del "De Giorgi"

Questa non è la notizia.
La notizia è stata già data, ripresa, modificata, corretta e sviscerata. Queste sono solo parole su un caso di cronaca che le parole le toglie. E quindi diventa difficile trovare quelle giuste. Per raccontare. Per rendere omaggio ad un uomo che ancora uomo non era. Per ricordare magari senza mai nominare i termini: grata, caduta, giubbotto o sedia. Non li vogliamo sentire. Non oggi, che ancora risuonano terribili e sconvolgenti. Poi, nel tempo, invece, sarà il caso che alcuni termini restino impressi nella memoria di tutti. Affinché non ci sia un altro Andrea su cui versare lacrime.

La cronaca, noi, la prendiamo a piccole dosi, e mai nella sua immediatezza crudele.

Nello spettrale ventaglio di responsabilità senza un vero nome, scorre il dolore di chi ieri ha visto quello che è accaduto. Qualcuno, acuto quanto basta a non addossare colpe prematuramente, perché tanto le colpe ora come ora non riportano Andrea sul suo banco tra i suoi compagni, parla di fatalità. E per ora, anche noi vogliamo chiamarla così.
Quei tragici minuti in cui per una comunità il mondo si è fermato tra i pensieri di Andrea, hanno cambiato la visione delle cose. Per tutti.

Perché la scuola è tornata ad assumere quell’alone nero e incerto che era già stato suo quasi due anni fa, a Brindisi, alla Morvillo-Falcone. La scuola è tornata ad essere scenario di tragedia e non di sorrisi. La scuola è tornata ad essere palcoscenico di zaini buttati per terra. Zaini senza vita, che racchiudono libri dove si è studiato troppo. O troppo poco. E l’interrogazione andata male resterà il ricordo più bello della giornata. Di quella giornata.

E’ cambiata la visione delle cose perché i racconti sulla dinamica dei fatti sono tanti. Perché non tutti, in questi primi giorni, si accontentano di parlare di fatalità. E se ci si sofferma su tutti i probabili colpevoli le implicazioni psicologiche portano in un circuito pericoloso e senza fine. Parole, parole e parole che portano solo terrore e sgomento. Perché sono tutte affermazioni e accuse senza risposta. Ecco perché, per ora, per noi la storia di Andrea è una storia collegata alla fatalità. Perché vogliamo sperare che le dinamiche che si sono verificate ieri nella succursale del Liceo Scientifico “De Giorgi” non si verifichino più, e che le scuole, luogo di vita proiettato nel futuro, siano studiate nei minimi dettagli e pronte a prevenire anche ciò che i ragazzi, presi dall’entusiasmo, dal “non pensarci” e dalla vita non sanno. O non possono sapere. E vogliamo augurarci che quella che qualcuno oggi chiama “imprudenza” lasci lo spazio alla meditazione dei più giovani. Nel ricordo di una classe sconvolta dal dolore e probabilmente segnata per sempre. Nel ricordo di una famiglia che adesso non avrà pensieri, sensazioni. E che poi finirà tutte le sue lacrime sovrastata dai troppi interrogativi.
Nel ricordo di Andrea, che doveva festeggiare i suoi 18 anni. Che andava nello storico Liceo Scientifico “De Giorgi”, amato e odiato dai tantissimi studenti che hanno corso per i suoi corridoi. Sballottolati, come succede per tantissime scuole, tra una succursale e l’altra, ma legati visceralmente alla scuola dove hanno vissuto i loro anni più belli.
Per Andrea, lo studente del De Giorgi.

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