Il Lucio Dalla che non ti aspetti: pioniere della WebTv

Lucio Dalla fu un pioniere della webtv

(scritto da Dario Francesco Beneveni)

Lo aveva già capito in pieno '900 il grande Totò, quando disse che nel nostro Paese, per essere riconosciuti “qualcuno”, bisogna morire.

Sono passati quasi 45 anni da quando Totò ci ha lasciati e, in effetti, la sua profezia si è realizzata. La RAI dal '67 gli dedicò serate intere, inaugurò giorni fissi settimanali dedicati ai suoi film, e lo stesso fecero i cinema. Ancora oggi possiamo ammirare i suoi capolavori sui nostri teleschermi con una certa frequenza. La morte come passepartout per l'immortalità.

Ma negli ultimi anni a destare interesse sono due aspetti importanti della tematica. Vale a dire l'internazionalità di questa tendenza, e l'affermarsi del campo musicale come sbocco privilegiato di artisti destinati ad essere consacrati nel mito.

Nel giugno 2009 il mondo pianse la scomparsa di Michael Jackson. La sua morte venne dipinta fin dai primi momenti come qualcosa di poco chiaro e un processo venne istituito per verificarne la causa ed eventuali implicazioni di altre persone. Di seguito ci furono un funerale degno di un faraone, pellegrinaggi verso Neverland, un album postumo che scalò le classifiche in poche settimane, un gran numero di concerti, e tante altre iniziative. Le sue canzoni, note ai più, si sentirono in continuazione come dei tormentoni.

In tempi ancor più recenti, nel luglio 2011, altre lacrime furono versate. Questa volta a lasciarci è una ragazza inglese tanto talentuosa quanto turbolenta. Amy Winehouse, alla giovane età di 27 anni, entra a pieni titoli nel “famigerato” Club 27, invenzione con cui si indica il gruppo di artisti deceduti a quell'età (peraltro sempre in circostanze che prevedono abuso di alcool e droga) e che conta fra gli altri personalità del calibro di Jim Morrison e Jimi Hendrix. Anche qui a conseguirne sono gli stessi effetti visti nel caso del Re del Pop.

Grandi attori, grandi cantanti, grandi sportivi. La morte fa sì che le loro gesta possano continuare a vivere. Ma il rischio è che la morte diventi il solo metro di valutazione della qualità di un individuo o, in certi casi, addirittura il mezzo che restituisce la qualità stessa dopo una vita in cui le critiche, talvolta, infamanti, non sono mancate, e la sottovalutazione era evidente.

Il Principe della risata viene visto e rivisto all'infinito senza che mai ci si stanchi della sua genialità; tanti attori ne studiano la recitazione e le movenze, e viene riconosciuto, forse, come il solo attore veramente trasversale tra le vecchie e le nuove generazioni. Il tutto mentre nei tempi ardui in cui visse, i conformisti critici del tempo non esitavano a riservare a lui e ad altri mostri sacri del teatro e del cinema italiano (ritenuti tali oggi), come i fratelli De Filippo, delle stoccate che possiamo tuttora leggere nelle recensioni che sono sopravvissute al passar del tempo e che fanno giustamente restare allibiti.

Ed eccoci giunti al 1° Marzo 2012. A Montreux, in Svizzera, muore Lucio Dalla. Di lui in questi anni, e in questi giorni, è stato detto di tutto. Ma quella di uno dei più grandi cantautori della tradizioni italiana è una scomparsa che porta con sé un depauperamento culturale profondo. Dalla aveva nella trasversalità e nella curiosità le sue caratteristiche di maggior successo che ne hanno fatto, come si evince dalla sua carriera cinquantennale, un uomo che più di altri ha saputo guardare oltre gli orizzonti definiti dei singoli generi musicali e delle singole arte. La sua poliedricità lo ha portato a confrontarsi con decine di artisti, anche molto distanti rispetto alla sua estrazione artistica.

Il pubblico salentino ha avuto modo di apprezzarlo da vicino per via della sua partecipazione alla “Notte della Taranta” nel Concertone del 2006. Ma è soprattutto un'altra esperienza che vogliamo ricordare per aiutare a scoprire “il Dalla che non ti aspetti”. Nel 2001 diviene direttore artistico di My-tv, la prima web-tv italiana che trasmetteva in streaming. Ed è forse questa l'immagine che con maggior vigore può rappresentare questo moderno Ulisse della tradizione culturale italiana, nella speranza che oggi, coloro i quali non ne hanno capito l'estro per pura presa di posizione, o che lo hanno snobbato o sottovalutato, non operino un dietro-front con le solite frasi fatte e non pensate.

Le sue opere, col loro portato di emozioni, hanno accompagnato l'Italia per decenni. Ma il domani è già arrivato, e anche se l'anno è già iniziato, l'auspicio è che “L'anno che verrà” porti con se la consapevolezza che il valore di un grande artista lo si può scoprire anche quando è in vita, e coglierne l'essenza nel momento stesso in cui i nostri occhi hanno la fortuna di guardarlo.

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