Mafia. Operazione Galatea ferma a Lecce gli "irriducibili" del clan Padovano

I carabinieri hanno eseguito stanotte nelle province di Lecce e Campobasso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia del capoluogo salentino nei confronti di cinque persone indagate per associazione mafiosa.

Al centro delle indagini dei Reparti Operativi Speciali dell'Arma le molteplici attività illegali del clan Padovano della Sacra Corona Unita che operava a Gallipoli e in altri comuni del Basso Salento e che reinvestiva i proventi illeciti nelle attività imprenditoriali.

Gli arrestati, cosiddetti irriducibili, avevano assicurato -secondo l'accusa- la continuità e la permanenza dell'associazione mafiosa anche dopo i duri colpi inferti dalle inchieste giudiziarie, soprattutto dopo l'omicidio del vecchio boss di Gallipoli, Nino Padovano, capo storico della frangia leccese della Scu, ucciso dal fratello Pompeo Rosario Padovano, indagato in questa operazione.

Padovano, detto Nino Bomba, fu ammazzato in pieno giorno in un agguato compiuto con colpi d'arma da fuoco il 6 settembre 2008 alla periferia di Gallipoli. Per l'omicidio di Salvatore Padovano, indiscusso capo storico della frangia leccese della Scu, nell'ottobre 2009 sono state arrestate tre persone, tra cui il fratello del boss, Pompeo Rosario, accusato di essere stato il mandante del delitto.

Quest'ultimo voleva subentrargli nella leadership del clan. L'operazione, denominata Galatea, è stata illustrata nella sede del Comando provinciale dei carabinieri di Lecce, alla presenza del Procuratore Distrettuale Antimafia, Cataldo Motta.

Il provvedimento restrittivo è stato notificato a Pompeo Rosario Padovano, Fabio Della Ducata, Giuseppe Barba, Cosimo Cavalera e Massimiliano Scialpi, tutti di Gallipoli, già rinviati a giudizio per associazione mafiosa e nei confronti dei quali il processo comincerà il 20 gennaio 2011.

Prima della conclusione dell'udienza preliminare, però, la procura antimafia di Lecce aveva rilevato che per i cinque indagati ricorrevano anche esigenze cautelari che giustificavano il loro arresto. Impostazione questa che il giudice ha condiviso emettendo il provvedimento cautelare fatto eseguire stamattina.

Dall'ordinanza restrittiva emergono ancora una volta i rapporti di cooperazione tra il gruppo mafioso del basso Salento ed esponenti della criminalità organizzata milanese funzionali al controllo delle attività imprenditoriali attraverso le quali il gruppo gallipolino riciclava il danaro sporco.

Sono stati accertati nel corso delle indagini, grazie ad alcuni pedinamenti di Padovano, i rapporti con clan calabresi insediati a Milano, soprattutto nella zona dell'interporto, crocevia di diverse organizzazioni come ha dimostrato l'operazione della Polizia che a luglio ha portato a 300 arresti in tutta Italia.

Il clan aveva particolarmente sviluppato negli ultimi anni il riciclaggio dei provienti illeciti in attività apparentemente pulite che cercavano di prevalere sulle altre non mediante il principio della concorrenza economica ma attraverso la forza intimdatrice. Proprio nel capoluogo lombardo Rosario Padovano aveva raggiunto accordi per la distribuzione di prodotti ittici mediante la costituzione di una cooperativa.

A Gallipoli continuava a gestire interessi, oltre che nella commercializzazione del pesce, anche nel campo alberghiero. Gli investigatori hanno trovato traccia di una percentuale di guadagni che gli sarebbe stata riconosciuta dalla gestione del mercato ittico di Gallipoli e di contatti con pregiudicati sempre del milanese per attività di compravendita di abbigliamento e motoveicoli.

Inoltre dalle indagini è emerso che l'organizzazione aveva la capacità, attraverso persone insospettabili, di venire a conoscenza delle attività investigative a loro carico e quindi di eluderle.

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