L'infanzia di Rina Durante in un docu-film, in lavorazione, firmato Caterina Gerardi.

Per tutta la vita, Rina Durante (la bambina in piedi nella foto qui pubblicata per gentile concessione della famiglia Durante e della fotografa/regista Caterina Gerardi, n.d.r.) sognò di tornare sull’isola di Saseno. Ci provò a lungo a mettere di nuovo i piedi sul suolo del suo passato, della sua infanzia per l’esattezza. Acquattata nelle acque della sua memoria, quell’isola albanese si è ingrandita, fino a diventare un mito. Immaginate che cosa deve essere stato vivere su un’isola abitata soltanto da militari, praticamente deserta, negli anni Trenta.
Non so se avete presente un’atmosfera del genere, uno spazio ritagliato via dal mondo, intorno soltanto una geografia marina, l’eco che ne deriva si cristallizza in un immaginario magnifico. E’ uno di quei frammenti biografici che sembrano inventati da un romanziere, e invece è proprio vero. Su quell’isola, di fronte alla baia di Valona, all’imbocco del Mare Adriatico, la scrittrice salentina Rina Durante imparò a leggere e a scrivere; fu sua madre a istruirla, le sue sorelle, invece, studiavano per corrispondenza, non c’era altro modo.

Se questo fosse un film, potrebbe cominciare con un piano sequenza lento: il rettangolo delle finestre di una casa illuminata internamente dall’albore dei lumi, mentre sull’isola cala la notte. Chi ha conosciuto Rina Durante sa che quando lei raccontava la sua infanzia a Saseno, prestava la sua mimica al vento per dire gli alberi oppure le distese di ginestre o ancora la visita inattesa di un marinaio che, per un momento, mandò all’aria la solitudine delle sue sorelle, improvvisamente prese dalla voglia di passarsi un filo di rossetto sulle labbra. E se questa storia da sola non bastasse, eccone un’altra: ad anni di distanza dalla scomparsa di Rina Durante (il 26 dicembre del 2004), la fotografa e regista salentina Caterina Gerardi si è messa sulle sue tracce e ha ripercorso, pronta a filmare, la strada d’acqua che da Valona porta a Saseno. Lo ha fatto perché ha deciso di trasformare in un progetto il desiderio mancato della Durante.

Si tratta di un docu-film e un libro, in lavorazione, in grado di dire la stagione estrema di una grande voce del nostro Novecento, ancora non adeguatamente conosciuta. Così, l’isola di Rina è diventata l’ossessione di un’altra Caterina (la Gerardi, per l’appunto), che dal Salento è partita – dove la scrittrice tornò insieme alla sua famiglia, per stabilirsi a Melendugno, a ridosso della seconda guerra mondiale – dopo aver inseguito per tre anni la concessione del permesso per visitare Saseno due volte.
Un viaggio necessario per capire, fino in fondo, chi era quella bambina che, una volta finiti i libri a disposizione sull’isola, cominciò a covare l’idea di scrivere. Hanno questo di bello le idee, che quando sono buone ti portano lontano e poi attirano in quel punto, come magneti, anche alcuni altri che incontri. Caterina Gerardi non ha resistito a quel richiamo, si è lasciata guidare, per così dire, giocando a moscacieca con i ricordi di Rina Durante.

“Il progetto è una promessa fatta a me stessa. Dovevo andare in quest’isola che lei raccontava; volevo ripercorrere le sue tracce d’infanzia, ho chiesto per tre anni il permesso all’Ambasciata italiana in Albania, loro rinviavano di continuo. E’ stato molto difficile. Si tratta di un’isola che per gli albanesi resta un sogno, - spiega la Gerardi - dopo aver ottenuto l’autorizzazione, sono partita con Ada Donno che sta curando il libro parallelo al docu-film. La seconda volta sono tornata a Saseno per filmare, con me c’era anche la giornalista Rosella Simone, una delle firme che ho deciso di coinvolgere in questo progetto. La Marina Militare ci guidava sull’isola, il luogo negli anni si è trasformato. Nel 1930 non c’era niente a parte gli alloggi per i militari, dopo cinquant’anni di regime le cose sono cambiate.”

Pia, la sorella novantenne della scrittrice Rina Durante, ha raccontato a Caterina Gerardi tutto quello che ricorda della casa sull’isola, una sorta di cartografia dello spirito affidata alla bussola della regista che custodisce, come Pollicino, una mappa soltanto pensata, utile per ritrovare la strada di casa. “Attraverso i racconti di Pia, mi sono fatta un’idea mia di come quella loro casa d’infanzia poteva essere. Sull’isola, ho cercato di mettere insieme i pezzi di un mosaico fatto di storie e memorie. Ho cercato una casa con caratteristiche particolari: doveva traguardare la discesa che portava al Comando dove lavorava il padre di Rina Durante che, negli anni Trenta, a Saseno, era il Capoposto. E poi dovevo individuare anche una scorciatoia per arrivare al mare. Dopo tanto cercare, credo di averla trovata, ho adottato quella che secondo me è stata la casa di Rina Durante.”

Caterina Gerardi, a Saseno, ha cercato di filmare il più possibile, nel libro che accompagnerà il docu-film, ci saranno anche i testi scritti dalla Durante sulla sua parentesi albanese.

“Nel 1980, Rina fu mandata in Albania dal Sindacato dei Giornalisti, in quell’occasione tentò di tornare sull’isola ma non ottenne il permesso.” Viene da pensare che, forse, anche per questo, la Durante si metteva spesso alla guida della sua barca per prendere il largo. Saseno, infatti, è nel Canale d’Otranto, certe volte si vede anche ad occhio nudo dalla costa salentina.

La tenacia di Caterina Gerardi non può passare inosservata, alla fine la sua ricerca dell’isola l’ha portata in riva alla stessa Rina Durante. La regista tornando dal suo viaggio, infatti, ha scoperto che: “L’isola le assomiglia e lei assomigliava all’isola, per via della difficoltà di scoprirla, per la bellezza delle cose essenziali, il mare, la luce, la vegetazione. Questa sensazione di libertà che la attraversa come un vento che entra in ogni cosa. Alla fine di tutto, per me l’isola è Rina. L’isola è il suo ritratto”.

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