#MAgarte: Siamo tutti un po' tarantolati

a cura di
Maria Agostinacchio

Fare rete, essere in rete, collegarsi in rete: siamo tutti dei tarantolati? Forse si. Se mi leggi sei sul WEB, ovvero nella ragnatela!!! E come ogni rete che si rispetti, scegli di esserci, per volontà, o ci finisci, involontariamente. Sua maestà il ragno è decisamente ambivalente come la tela che crea, come i fili che collega. E’ un trickster i cui confini tra Bene e Male sono sfumati, non netti. Può avvelenare, addormentare e annientare, oppure tessere fili mirabili, simmetrici e perfetti, solidi e precisi, addirittura creare un universo con la sua bava tenace e cristallina. Nella religione egizia il ragno è un attributo di Neth: la tessitrice del mondo. Per i Romani porta fortuna e buone notizie (ndr. Mai cacciarlo di casa!).

Per le antiche popolazioni sudamericane era un utile mezzo mantico, mentre in Asia e nelle Indie era considerato tessitore primordiale e animale psicopompo. Per i cristiani è simbolo del male e la casa del ragno è instabile. Sognare un ragno indica un avvertimento prima di compiere una follia e folli, pazze e irrazionali sono le donne ragno, le virago capaci di distruggere l’uomo, spesso sensualmente incastonate in gioielli, secondo le indicazioni tutte moraleggianti dei Bestiari medievali.

Il ragno rappresenta anche l’irrazionale, il lato oscuro ed inconscio dell'essere umano e diviene il divoratore della capacità riflessiva. I greci, si sa, ci raccontavano storie utili e così il mito di Aracne sintetizza la superbia dell’ego che non sa mostrarsi umile nei confronti del sè ed è costretto a lavorare per sempre, perdendo l'aspetto umano e diventando schiavo della natura immutabile.

Aracne, infatti, si acquistò una grande reputazione nel tessere e ricamare; la sua abilità le valse la fama di essere stata allieva di Atena, la dea delle filatrici e delle ricamatrici. Aracne volle apprendere la sua abilità solo per aumentare il suo talento personale; così sfidò la dea, la quale si travestì da vecchia e le consigliò di essere più modesta. Aracne la ingiuriò, così la dea Atena le si manifestò e la sfida ebbe inizio.

Atena ricamò una tappezzeria raffigurando i dodici dei olimpici e ai quattro lati la sconfitta dei mortali che osarono sfidarli. Aracne filò gli amori poco onorevoli degli dei. Atena infuriata stracciò il lavoro perfetto di Aracne e la colpì con la spola. La principessa fuggì disperata e si impiccò, ma Atena non la lasciò morire trasformandola in ragno.

L’Arte registra questa ambivalenza, oscillando tra contorni fluttuanti e simbologie duplici.
A Nazca, in Perù, il ragno campeggia enorme, lungo 45 m, visibile solo dall’alto in un misterioso geroglifico forse collegato alla vita e ai canali, per l’approvvigionamento dell’acqua
Sicuramente connaturato alla capacità diplomatica e all’abilità interlocutoria della Serenissima Venezia, il ragno e la sua tela appaiono nell’affresco di Paolo Veronese a Palazzo Ducale, come attributi dell’allegoria della Dialettica.

Due ragni compaiono, insieme a serpenti, a uno scorpione e ad una salamandra, nel dipinto di Rubens con la Medusa, memento mori e contemporaneamente riferimento alle emanazioni negative che scaturiscono dalla testa mozzata. E Gustav Dorè lo rappresenta in sensualissime forme femminili nell’Inferno dantesco. Odilon Redon lo trasforma in essere sardonico e sorridente, contornato di peli pubici, in ossequio ad una lettura freudiana.

Louise Bourgeois in questo secolo ha creato un ragno monumentale realizzando una opera in bronzo, Maman, ragno femmina di circa nove metri, che reca una sacca di marmo bianco con 26 uova, icona di una maternità possente e inquietante, e allo stesso tempo di un femminino a metà tra istinto irrazionale e logica costruttiva. Temuto ma cercato come un destino ineluttabile, l’irrazionale irrompe nel quotidiano in riti che accomunano civiltà lontane. Il pizzico della taranta non è un rimorso e un morso di vita, una scelta irrazionale ed illogica, che non ha rimedio se non nella musica.

Per chi scrive, il ragno non pizzica la donna: il ragno è donna e la Pizzica di Santu Paulu un po’ ne rende vendetta

Santu Paulu meu de Galatina
Fammela 'ccuntenta' sta' signurina
Ahi Santu Paulu meu de li scurpiuni
Pizzichi li carusi li pantaluni
Ahi Santu Paulu meu de li scurpiuni
Pizzichi li carusi, a li cujuni
E Santu Paulu meu de Galatina
Lassatila ballare sta signorina

In fondo la donna ragno, la pizzicata, aveva solo desiderio di ballare.

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